Dall’analisi sismica degli ultimi duemila anni in Turchia orientale, un team di studiosi italiani ha ricostruito il tracciato dei movimenti tellurici temporalmente e spazialmente vicini tra loro, confermando un comportamento sismico complesso, conosciuto meglio come ‘superciclo sismico’ e aprendo nuove prospettive per la comprensione dei terremoti. Lo studio, condotto da ricercatori del Cnr-Igag e dalle Università di Messina e Palermo, è stato pubblicato sulla rivista Nature Communication
Uno studio pubblicato su Nature Communications ha indagato i meccanismi sismici della Faglia Anatolica Orientale (FAO), situata in Turchia vicino al confine con la Siria e che è stata interessata, a febbraio 2023, da due devastanti terremoti di magnitudo superiore 7.5 che hanno causato distruzione e circa 50.000 vittime.
Gli autori, ricercatori dell’Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Igag) e delle Università di Messina e di Palermo, hanno analizzato 2000 anni di terremoti, identificando un comportamento sismico complesso legato ai ‘supercicli sismici’.
“Un superciclo sismico è un processo che si verifica lungo grandi faglie tettoniche, dove il movimento delle placche crea un accumulo di stress (energia) nel corso di centinaia di anni. Questo stress può rimanere relativamente ‘bloccato’ per lunghi periodi, ma quando si libera, può causare terremoti estremamente potenti”, spiega Andrea Billi, ricercatore Cnr-Igag. “Nel nostro studio abbiamo verificato che i terremoti devastanti si innescano a grappoli spaziotemporali lungo i 500-600 km della FAO migrando progressivamente da nordest a sudovest in tempi di alcuni secoli per ciascun superciclo. Questi eventi, se osservati su mappa, inizialmente colpiscono la parte nordorientale della faglia, seguiti, nei secoli successivi, da una serie di scosse concentrate nella parte centrale e sudoccidentale della medesima faglia”.
Lo studio ha analizzato le sequenze di aftershock dei quattro terremoti principali più recenti (2010-2023), rivelando come la dispersione degli epicentri sia aumentato verso sudovest.
“I terremoti nella parte nordest si sono concentrati lungo la superficie principale della faglia, favorendo il trasferimento dello slittamento sismico verso sudovest e potenzialmente innescando terremoti più diffusi e complessi, quali quelli devastanti del 2023”, prosegue il ricercatore. “Le scoperte suggeriscono che questo comportamento, caratterizzato da una progressiva rottura sismica della faglia e dalla migrazione dell’attività sismica verso sudovest, potrebbe portare a lunghi periodi di pericolo sismico nella regione. In altre parole, la successione dei terremoti recenti (2010-2023) spiega le successioni o supercicli degli ultimi duemila anni. Questo studio rappresenta un passo cruciale per migliorare la comprensione dei fenomeni sismici e dei rischi legati ai supercicli anche nelle altre faglie attive nel mondo, aprendo nuove prospettive per la previsione dei terremoti a livello globale”.