Già ieri, per la miriade di stazioni appaltanti italiane, spesso medio piccole, che si trovano alle prese con metodologie, tempi e magnitudo dei progetti PNRR (ad aprile 2024 si parla di circa 20.000 Soggetti attuatori e circa 250.000 progetti) la crisi di nervi era dietro l’angolo. Ora con la norma contenuta nel nuovo Codice degli appalti che fissa per tutti i progetti di valore superiore ad una certa soglia l’adozione obbligatoria del BIM, a partire dal primo gennaio 2025, il collasso (nel silenzio globale di istituzioni e di imprese) potrebbe diventare una realtà diffusa. Inizialmente fissata per la maggior parte delle opere ad un milione di euro, la soglia potrebbe ora essere elevata a 2 milioni di euro in base allo schema di decreto legislativo correttivo del Codice degli appalti, approvato dal Consiglio dei Ministri il 21 ottobre 2024 che sarà sottoposto all’esame della Conferenza unificata e del Parlamento.
L’impatto sul nostro sistema sarà comunque enorme e non a caso Bureau Veritas – giocando d’anticipo – ha recentemente acquisito IDP Group, leader mondiale sulla metodologia BIM, consolidando il presidio in questo ambito. Secondo un’analisi compiuta da Bureau Veritas Italia, l’introduzione obbligatoria del BIM è destinata a diventare una vera e propria emergenza nazionale, inserendosi in un contesto non ancora pronto ad accogliere ed attuare questo importante e prezioso strumento. Il BIM non è un semplice software ma un processo basato su un modello digitale intelligente dell’opera in grado di gestire l’intero ciclo di vita della stessa, condividendone le informazioni in tutte le diverse fasi tra i responsabili della progettazione, verifica, costruzione, gestione e manutenzione dell’edificio.
Grazie ai suoi diversi gradi di approfondimento il BIM consente di costruire virtualmente l’opera in un unico modello tridimensionale (3D) dal quale è possibile ricavare tutta la documentazione di progetto, gestire le fasi temporali costruttive (4D), verificare in tempo reale i costi di costruzione (5D) accertare la Sostenibilità dell’intervento (6D) ed infine definire la corretta e completa Gestione e Manutenzione per l’intero ciclo di vita utile fino alla sua demolizione e dismissione (7D).
Si tratta in buona sostanza di un master plan globale sull’opera, un modello unico che contiene tutte le informazioni, ora in parte sparse in vari dossier tecnici, in parte inesistenti o non prese in considerazione che la stazione appaltante, sia un Ministero, una Regione, un Comune, d’ora in avanti dovrà compattare in un unico modello omnicomprensivo e trasparente su tutte le informazioni relative al progetto.
Ma sul BIM – come sottolinea Diego D’Amato, Presidente e Amministratore Delegato di Bureau Veritas Italia – si allungano ombre lunghe. Molte stazioni appaltanti anche di progetti PNRR, che dovrebbero essere pronti e collaudati entro il 2026, e che sono obbligate dal Codice a dare prevalenza ai progetti BIM, non dispongono di due elementi essenziali: il know how per adeguarsi al modello BIM, e le professionalità per redigere i progetti secondo i processi del BIM stesso.
Il Building Information Modeling (per l’appunto il BIM) si basa su un modello digitale che abbraccia tutta la vita di un’opera, dalla progettazione di una singola vite, alla gestione e manutenzione per l’intero ciclo di vita dell’opera. Questo approccio permetterà di ridurre, minimizzare gli errori progettuali e le interferenze, grazie al coordinamento tra le diverse discipline, di ridurre i tempi e quindi una riduzione dei costi grazie al controllo e alla cooperazione del processo in tutte le fasi progettuali e di realizzazione dell’opera.
È per affrontare questa emergenza che Bureau Veritas (che vanta una lunga esperienza nel comparto costruzioni) con l’acquisizione di IDP Group (con un palmares di 500 tecnici specializzati in BIM, 10.000 progetti completati, impegno diretto su oltre 250 miliardi di investimenti in 52 Paesi) si è mosso per primo anche sul mercato italiano, mettendo a disposizione una leadership mondiale come quella di IDP nella messa a punto di progetti BIM e promuovendo corsi di formazione rivolti alle stazioni appaltanti e ai tecnici.
Parallelamente Bureau Veritas ha impegnato la sua controllata Cepas nella certificazione dei professionisti BIM.
“Autopromozione? Certo – afferma Diego D’Amato – ma anche il dovere per un soggetto come Bureau Veritas che ha fatto dell’autorevolezza e della trasparenza con istituzioni e imprese il suo tratto distintivo, di portare in emersione velocemente l’esistenza di un problema di gravità senza precedenti in grado di impattare pesantemente sull’esecuzione delle opere, anche quelle relative al PNRR e tutte quelle a seguire, intervenendo sulla formazione, sulla certificazione delle competenze e sui servizi di ingegneria a supporto delle stazioni appaltanti”.