In relazione a quanto apparso sul Corriere Adriatico del 29 ottobre 2024, a firma del Sindaco di Senigallia, probabilmente male informato o mal consigliato, al fine di fare chiarezza ed evitare la circolazione di notizie non vere, si precisano alcuni punti.
Innanzitutto, il valore di AnconAmbiente, almeno in via prudenziale, è dato dal suo patrimonio netto contabile, che la 31/12/2023 (ultimo bilancio approvato) risulta essere pari a euro 9.157.546 (quindi, oltre nove milioni di euro). Pertanto, i numeri sono chiari, definiti e pubblici, almeno per chi vuole vederli e analizzarli, poiché presenti nel progetto depositato all’ATA per la sua approvazione.
Il numero delle azioni che i Comuni vorranno sottoscrivere è liberamente determinabile e deciso da loro stessi in piena autonomia. Ai sensi dell’articolo n. 6 dello statuto, ogni azione di AnconAmbiente ha un valore nominale di euro dieci. Peraltro, il peso politico e decisionale all’interno della società non varia in funzione del numero di azioni possedute, poiché, per effetto del controllo analogo congiunto (obbligatorio e necessario per legge), il voto assembleare avviene “per teste”. Conseguentemente, la sottoscrizione di azioni potrà avvenire anche con quote “simboliche” e non impattanti né sul bilancio comunale, né tantomeno sui cittadini.
Circa la questione tariffa, occorre evidenziare che il settore dei rifiuti, a partire dal 2020, è regolato dall’autorità di regolazione per energia reti e ambiente (ARERA), che da quattro anni è il soggetto che decide quanto far pagare ai cittadini (MTR – Metodo Tariffario Rifiuti delibere 443/19 e 363/21), normando, da un lato, i costi per i cittadini, dall’altro, i ricavi e la remunerazione del capitale investito per i gestori del servizio. Al Comune rimane il potere di approvare regolamento e le tariffe anche se, quest’ultime, sono realtà regolate, in toto, dal DPR158/99.
Inoltre, l’introduzione della tariffa puntuale corrispettiva d’ambito (a partire dal 2027), così come prevista dalla Legge n. 147/13 (commi 652 e 668), dalla Legge Regione Marche n. 5/18, nonché dal Piano d’Ambito ATA2 approvato qualche anno fa dai sindaci, è una disposizione che prescinde dalla volontà del gestore del servizio o del singolo Comune. In effetti, questa modalità, come detto, è già vigente e non può variare in funzione del gestore del servizio (pubblico o privato che sia) o delle sue modalità di individuazione (affidamento diretto o gara).
Per quanto concerne i costi delle alluvioni, è sempre ARERA che norma, con le sue delibere, le modalità di finanziamento dei costi degli eventi climatici calamitosi. Nello specifico, con la delibera 386/23 istitutiva delle componenti perequative UR1 ed UR2, presenti nelle bollette TARI; tali componenti, in particolare la componente UR2, serviranno a finanziare (attraverso la Cassa CSEA di ARERA) tutti i costi degli eventi calamitosi, senza così pesare sui bilanci comunali o sui cittadini.
Ovviamente, quanto sopra precisato sulle modalità di determinazione delle tariffe vale anche per la gestione dei mancati incassi. Le norme per l’imputazione dei costi derivanti da “crediti inesigibili” rimangono quelle ora in vigore, così come stabilito prima dal Ministero dell’economia e delle finanze (si veda il documento “LINEE GUIDA TARES”) e poi da ARERA con l’MTR2 sopra citato; in esse vengono normate le modalità d’imputazione dei costi, ivi compresi i “crediti inesigibili” (CCD è la specifica voce del Piano Economico Finanziario) e i “crediti di dubbia esigibilità” (per i quali è previsto l’accantonamento nel bilancio comunale al Fondo crediti di dubbia esigibilità). I costi sono imputati per singolo Comune nel proprio Piano Economico Finanziario di riferimento, senza nessun aggravio per i singoli Comuni, che anzi beneficeranno dell’effetto delle economie di scala derivanti dalla gestione unica (il PEF: Piano Economico Finanziario, è un documento in cui sono elencate tutte le voci di costo del servizio rifiuti, redatto sotto le rigide norme di ARERA, la cui somma è la base d’imputazione della TARI o della futura tariffa puntuale corrispettiva).
Si precisa che anche oggi, ovviamente, non tutta la TARI è riscossa dai Comuni (dove anzi il non riscosso è abbastanza alto, poiché oscilla tra l’8% e il 20%). In questa ipotesi, il costo del non riscosso si scarica sui cittadini con due modalità. La prima, riguarda l’accantonato al Fondo crediti di dubbia esigibilità, che ingessa il bilancio dei Comuni, vincolando parte dell’avanzo. La seconda, riguarda la parte eccedente, che contribuisce, comunque alla riduzione dell’avanzo di amministrazione.
Tuttavia, i Comuni possono, legittimamente, recuperare parte della TARI non riscossa rendicontandola e inserendola nel proprio Piano Economico Finanziario, così da incassarla con la TARI degli anni successivi. In particolare, il Comune di Senigallia, per l’anno 2024 ha quantificato questo accantonamento per crediti TARI inesigibili, computato nell’ammontare dei costi coperti dalla TARI e quindi pagati dai cittadini, in euro 280.000 (duecento ottantamila); lo stesso importo di euro 280.000 (duecento ottantamila) ha previsto per il 2025.
Ovviamente, l’auspicio è che in prospettiva il gestore AnconAmbiente sia in grado di ridurre gli insoluti dalle odierne percentuali dei Comuni a valori più bassi e sostenibili per i cittadini. Conseguentemente, la nostra stima di “crediti inesigibili” e “crediti di dubbia esigibilità” per circa il 6% è un obiettivo ragionevole che occorre porsi e raggiungere nell’interesse dei cittadini.
In conclusione, sembra che i dubbi espressi dal Sindaco di Senigallia siano immotivati, visto che il settore dei rifiuti è regolato da ARERA in ogni singolo aspetto specifico, soprattutto a garanzia dei singoli cittadini.